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BIOTRICOTEST E CAMPO DI DISTURBO ALIMENTRE

Un alimento può alterare il nostro benessere senza che noi lo sappiamo

In una società di calorie vuote,  cibo spazzatura e monotonia alimentare, mai come oggi, l’alimentazione è tornata ad essere al centro dell’interesse di tutti. Sono dovuti passare circa 2500 anni, da quando Ippocrate proclamava il cibo come medicina per il corpo, per porre la giusta attenzione nei confronti di una dieta sana ed equilibrata. Grande ricerca è stata condotta negli ultimi anni nei confronti del cibo, visto e analizzato come importante causa di disturbi nell’organismo e si è cominciato a parlare di cattiva tolleranza agli alimenti, oltre che di intolleranze alimentari e allergie. Purtroppo però, secondo questo punto di vista, gli alimenti assumono una potenziale veste negativa nei confronti della nostra salute; si passa dalla definizione di cibo utile  e indispensabile per la vita ad una netta frattura tra alimenti “buoni” e alimenti “ cattivi”.

Secondo un approccio funzionale, invece, un qualsiasi cibo può trasformarsi in campo di disturbo alimentare, soltanto in relazione a particolari situazioni dell’organismo o ad un abuso di quello specifico alimento. La definizione di campo di disturbo alimentare, termine definito dalla Sitar srl e utilizzato in medicina funzionale da quasi vent’anni, non ha niente a che vedere con allergie o con intolleranze alimentari (es. intolleranze al glutine o al lattosio) e sposta l’attenzione dal cibo al sistema-uomo nel suo insieme.

Fin qui, quindi, abbiamo capito cosa non è un campo di disturbo alimentare, ma in realtà, allora cos’è?

Secondo un approccio funzionale l’alimento non è qualcosa di “cattivo” ma può diventare un campo di disturbo, cioè un sovra-stimolo per il sistema biologico che entra in “tilt”; questo può succedere solamente nel caso in cui si assuma una quantità eccessiva di quell’alimento oppure nel caso in cui l’organismo, a priori, presenti già una difficoltà metabolica o funzionale; possiamo, quindi, diventare sensibili a componenti di un alimento o ad alcuni suoi prodotti di degradazione solo se sono preesistenti specifiche circostanze  e possiamo così assistere alla comparsa di sintomi definiti spesso pseudo allergici e che noi chiameremo sintomi funzionali alla situazione esistente.

Ecco che il campo di disturbo diventa una concausa e non la causa, diventa un sovraccarico eccessivo per il sistema biologico, che indebolisce ulteriormente una funzione di un organo o apparato; è chiaro che, in questo modo, si passa dall’idea di “alimento cattivo” per l’organismo alla semplice ed intuitiva rappresentazione di un organismo che, se sottoposto ad uno stress persistente, prolungato nel tempo, capace di alterarne la sua omeostasi, diventa incapace di gestire un particolare alimento.

Questo legame tra disfunzione d’organo e instaurarsi di un campo di disturbo alimentare ci da la possibilità di scegliere, di volta in volta, un particolare tipo di sostegno o drenaggio d’organo, da effettuarsi con fitoterapici, gemmoterapici, micoterapici…; la scelta sarà resa molto semplice  dall’analisi delle associazione di alimenti emerse dal biotricotest come campi di disturbo alimentare. Ogni associazione segnalerà una possibile corrispondente funzione di un organo o di un apparato. Ad esempio, le persone che soffrono di problemi a carico della cistifellea potranno avere un aggravamento dei sintomi assumendo cibi a base di uova o cibi particolarmente ricchi di grassi, perché questi ultimi richiedono una maggior presenza di bile, liberata appunto dalla cistifellea, per la loro digestione a livello intestinale.

 

RIASSUMENDO QUANDO PUO’ COMPARIRE UN CAMPO DI DISTURBO ALIMENTARE?

  1. Può comparire un campo di disturbo alimentare nel caso in cui la nostra alimentazione sia monotona e ripetitiva o si abusi di un particolare alimento.
  2. Può comparire un campo di disturbo alimentare quando ci si trovi di fronte ad un sistema biologico funzionalmente alterato o particolarmente sottoposto a stress, anche in assenza di esami emato-chimici di riferimento alterati. E’ ovvio che una cattiva digestione o un massiccio utilizzo di farmaci possano creare i presupposti per la nascita di un campo di disturbo alimentare.

Nel caso di un campo di disturbo alimentare l’interazione nel nostro organismo potrà avvenire ad ogni livello e toccare qualsiasi tipo di funzione:

  1. a livello metabolico, visto che gli alimenti presentano la capacità di condizionare il nostro metabolismo, “accendendo” o “spegnendo” gruppi specifici di reazioni nelle nostre cellule;
  2. a livello sistemico, visto che gli alimenti sono in grado di sostenere la reattività neurovegetativa, sbilanciando o riequilibrando il rapporto giorno-notte, allarme-recupero del nostro organismo;
  3. a livello ormonale, in funzione dei micronutrienti o dei fitocomponenti contenuti in alcuni cibi, come ad esempio gli alcaloidi delle solancee, i tiocianati delle crucifere, il glutammato dei dadi…
  4. a livello digestivo, visto che gli alimenti, in base alla loro complessità strutturale,  necessitano di uno specifico pool di enzimi digestivi; inoltre sono anche in grado di condizionare  la flora batterica intestinale, riducendo o attivando processi infiammatori;
  5. a livello di capacità emuntoriale, visto che alcuni alimenti possono soraccaricare il lavoro degli organi emuntori, responsabili della pulizia del nostro organismo; gli organi emuntori sono i nostri spazzini  e sono responsabili dell’eliminazione dei cataboliti, cioè delle scorie prodotte dall’organismo. Per esempio bietole e spinaci possono aggravare la formazione e  precipitazione di ossalato di calcio a livello renale provocando calcolosi renale.
  6. a livello immunitario, visto che esistono alimenti ricchi di istamina o capaci di stimolarne la liberazione. L’ istamina è un mediatore indispensabile per il nostro sistema immunitario e per i processi legati all’infiammazione. Per esempio alimenti ricchi di istamina sono gli sgombri e il vino bianco, invece alimenti capaci di favorirne la liberazione sono crostacei e fragole.

 

Di certo dunque sappiamo che se ci viene detto che siamo allergici a un cibo, si tratta di una reazione allergica dovuta alle immunoglobuline E. Se ci viene detto che siamo intolleranti ad un cibo si tratta di una reazione dovuta alle immunoglobuline G. In tutti gli altri casi potremo ipotizzare la presenza di una pseudoallergia o di un campo di disturbo alimentare ma non potremo dimostrarlo con esami scientificamente riconosciuti.

A questo punto, capiti i presupposti secondo i quali la medicina funzionale analizza i campi di disturbo alimentare, siamo in grado di rispondere velocemente ad alcune domande

  1. Si nasce con il campo di disturbo alimentare? No, allo stato attuale delle conoscenze non si può ritenere che il campo di disturbo alimentare sia ereditario o geneticamente acquisito. Lo si acquisisce con il tempo, quando sussistono nel tempo delle disfunzioni che possono essere digestive, enzimatiche, legate ad un’alterazione della flora batterica intestinale, o correlate a stress psico-fisici o d’organo. Con il persistere degli eventi stressogeni il sistema-uomo arriva ad un punto di “rottura”, nel quale non presenta più le risorse per compensare il perdurare di tale affaticamento. Questo “esaurimento” dei meccanismi autoregolatori, finalizzati al ripristino dell’omeostasi generale, sfocerà in una difficoltà “di-gestione” degli alimenti.
  2. Quali possono essere le cause di un campo di disturbo alimentare?
    • Una delle possibili cause dell’insorgere di un campo di disturbo alimentare è l’alterazione dell’ecosistema intestinale.
    • Altra possibile causa è un ingorgo a livello emuntoriale, durante il quale l’organismo si “auto-intossica” non riuscendo più smaltire i rifiuti.
    • Anche in caso di rallentamento detossificante da parte del fegato possono aumentare sostanze tossiche e molto instabili nel nostro organismo, sovraccaricando di conseguenza gli organi emuntori e l’intero sistema. Ovviamente, come abbiamo già detto prima, terapie antibiotiche, inquinamento ambientale, scarsa qualità degli alimenti, monotonia alimentare, cattiva masticazione, cattiva digestione possono sostenere e intensificare i sintomi.

3 .Quali possono essere i sintomi più comuni associati ad un campo di disturbo alimentare?  I sintomi più comuni associati ai campi di disturbo alimentare,  spesso negativi alla diagnostica immunologica o non risolti con l’approccio classico, comprendono:

  • Disturbi digestivi e intestinali (dissenteria , stipsi, meteorismo, …)
  • Disturbi delle alte e basse vie respiratorie (oculorinite, raffreddore, tosse, sinusite)
  • Disturbi genito-urinari (cistiti, candida recidivante, dolori mestruali, …)
  • Mal di testa
  • Sintomi cutanei (dermatiti, prurito, acne, …)
  • Alterazioni della risposta immunitaria
  • Sintomi infiammatori recidivanti
  • Variazioni di metabolismo e peso
  • Stanchezza o scarsa energia fisica

 

Per alcuni alimenti è disponibile, in allegato, un foglio informativo nel quale sono specificati i cibi nei quali può essere contenuto in modo evidente o nascosto; sono presenti, inoltre, le possibili alternative alimentari, in modo tale da non andare incontro a carenze nutrizionali.

 

ATTENZIONE: Il Biotricotest non fornisce informazioni riferibili ad allergie alimentari o a intolleranze alimentari o comunque a reazioni immunomediate. Per esempio l’intolleranza alimentare glutine, contenuto nella farina di frumento, detta celiachia, è immunomediata, come notoriamente riconosciuto dalla comunità scientifica. Il servizio cui si fa riferimento valuta esclusivamente l’ipotesi di disturbi funzionali secondari all’assunzione di alimenti e mai immunomediati. Si tratta dunque di un’ipotesi di igiene alimentare basata sulla modalità della ricerca intervento: la sospensione momentanea di un alimento può confermare o meno l’appropriatezza del consiglio.

 

Il Biotricotest è una metodica di valutazione bioenergetica, non è un esame diagnostico convalidato e riconosciuto scientificamente e non si sostituisce ad esso e per tale non è detto che sia riproducibile, ma in relazione ai dati fino ad oggi raccolti sembrerebbe possa essere statisticamente utile nell’orientare all’individuazione di possibili campi di disturbo alimentare. I consigli di presunti campi di disturbo riportati nella risposta che viene consegnata, si riferiscono ad una presunta ipotesi nutrizionale che deriva dalla comparazione dei dati

bioenergetici rilevati con il metodo Biotricotest e l’ipotesi nutrizionale deducibile dai sintomi o dai disturbi che hanno motivato l’attivazione del servizio Biotricotest. Si consiglia di sospendere gli alimenti indicati per un periodo di tempo limitato (circa 2 – 4 mesi) sostituendoli con altri alimenti dello stesso valore nutrizionale. In ogni caso una conferma potrà essere convalidata esclusivamente con una anamnesi più approfondita e a seguito di una visita medica.

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